Il progetto pensato appositamente per Castel dell’Ovo, vede allestite tre grandi opere, in cui Il tema cardine è la ricerca, che l’artista persegue da tempo, sul concetto di alterità o meglio sulla conoscenza di noi stessi attraverso la relazione e l’incontro con l’altro. Il video è scelto come medium privilegiato d’indagine e osservazione del reale, costruendo immagini poetiche e al tempo stesso politiche.
Nel video, vedonelvelononvedo, che dà il titolo all’esposizione, è analizzato l’incontro fra due mondi e due modi di percepire e raccontare il corpo. Si alternano immagini di una giovane donna musulmana, una studentessa egiziana della scuola dove Lina Fucà insegna, e dell’artista.
Si indugia sui dettagli: una mano che impugna un coltello e taglia una cipolla e in sequenza un’altra che compie la stessa azione; la ragazza intenta a sistemare un copricapo, in quella che non è soltanto un’abitudine quotidiana, ma anche un elegante rituale sacro. Quasi a contrapporsi a queste immagini, arrivano quelle che ritraggono l’artista mentre si lava i capelli in un catino di ferro. La capigliatura è in primo piano, i movimenti si fanno lenti e senza tempo, mentre si ascolta il rumore dello sgocciolio dell’acqua, che ci riporta a un’emozione primordiale.
Il secondo lavoro, dal titolo unopertreugualesette, è composto da cinque schermi, contenenti ciascuno tre video disposti uno sopra l’altro come tre sequenze narrative.
Ancora una volta, protagonista delle immagini è l’artista, mentre viene vestita e truccata da donne di età e nazionalità diverse. Tra loro si crea una relazione profonda. Mentre incipriano e avvolgono il corpo, in un gioco di rimandi e interscambio, le donne svelano qualcosa della loro intimità. Alla vestizione dell’artista, sembra così corrispondere la loro messa a nudo.
nonbastanounmilionedipassi è la terza installazione in mostra. Si tratta dell’evoluzione di un gruppo di opere che l’artista ha realizzato al termine di una residenza artistica a Cuba, nell’estate del 2016. Inviata nell’isola dalla Fondazione Merz Lina Fucà, spostandosi in diverse località, entra in relazione con molte persone, alle quali affida delle macchine fotografiche usa e getta, chiedendo loro di utilizzarle liberamente.
A questi scatti presentati nei lightbox, si accompagna un video dove sono rappresentate delle mani che lavorano all’uncinetto, dieci chilometri di filo che l’artista ha ricavato dipanando sacchi di juta che nell’isola vengono usati per la raccolta del caffè e del cacao. Viene così a crearsi una lunga corda, metafora d’incontri e relazioni, un tracciato sia fisico sia mentale di questa esperienza corale, il viaggio compiuto con il racconto del mondo incontrato.