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Mario Merz. El tiempo es mudo

10 ottobre 2019 – 29 marzo 2020 | prorogata fino al 30 agosto 2020

 

Palacio de Velazquez, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid

La retrospettiva dedicata a Mario Merz intende approfondire i significati e le tematiche di opere che si sono poste contro corrente accentuando un tempo preistorico, libero dal discorso teleologico della storia dell’era moderna. Una prospettiva anacronistica che si evidenzia nelle scelte iconografiche e nei materiali utilizzati, e scaturisce dal contesto politico e intellettuale dell’Italia degli anni Sessanta e Settanta, evidenziando l’impegno politico dell’artista, così come la sua opposizione al pervadere del capitalismo e dello stile americano nel mondo.

Il grande numero di opere esposte legate alla critica del capitalismo e della società consumistica post-industriale delineano come Mario Merz abbia messo in discussione i modelli prestabiliti attraverso un immaginario pre-moderno e diacronico di figure dai rimandi mitici e geologici—come l’igloo, il tavolo, la spirale, il fiume, gli animali ancestrali (rinoceronti, coccodrilli, ecc.)—unito all’uso di materiali organici—argilla, legno, rami, cera, carbone, ecc.—e ad associazioni ricorrenti come quelle del fuoco-raggio-freccia-neon. Motivi che, associati all’idea del nomadismo, sono impliciti nei modelli di vita, di sussistenza e adattamento che si sono evoluti in modo indipendente fino a incarnare una forma riconoscibile di resistenza. In tal senso, Merz nella sua ricerca dell’elemento mitico percorre strade diverse da quelle dei suoi contemporanei, poichè nella sua critica alla modernità c’è un arcaismo che non ha nulla a che vedere con la nostalgia malinconica del passato. Merz ricorre infatti a un linguaggio morfologico e a modi di rappresentazione che sono letterali ed evidenti e che dimostrano di avere uno specifico potenziale extra-artistico per minare l’illusione della rappresentazione.

L’impiego di certi materiali caduchi (lettere, carta per alimenti, ecc.) risale all’esperienza in carcere nel 1945, quando militava nel gruppo di resistenza antifascista Giustizia e Libertà. Merz traduce fin da subito le sue preoccupazioni politiche in termini estetici, dando forma ad alcune delle sue opere più emblematiche. Opere come l’Igloo di Giap; Che fare? e Solitario solidale, che prendono spunto dagli avvenimenti del ’68 e da quelle idee politiche e filosofiche che, in Italia soprattutto, modificarono il concetto classico che il marxismo aveva riguardo al ruolo dell’intellettuale come soggetto rivoluzionario.