Tre cose ci sono rimaste del paradiso: le stelle, i fiori e i bambini. (Dante Alighieri)
Un disegno in movimento intorno all’ultimo canto del Paradiso, dove il sogno è la dimensione in cui Dante, ovvero l’uomo, si perde per entrare in contatto con altro da sé e da tutto ciò che è materico e non può resistere al tempo. L’ultimo canto è il primo, è l’inizio della vita eterna, è quello che resta e supera le stagioni, è il respiro che lasciamo al mondo quando partiamo. L’ultimo canto è la fine di un viaggio dentro la vita terrena, dentro l’intera esistenza umana da sempre in bilico tra bellezza e imbarbarimento. L’ultimo canto è il primo passo verso quella zona misteriosa che non conosciamo e che si chiama: infinito.
Nell’infinito abita Dio, o meglio tutto ciò che pensiamo possa essere, nell’infinito abita l’amor che move il sole e l’altre stelle, è lì che il mondo sensibile si manifesta e per farlo non ha bisogno di parole né di ragionamenti. Nell’infinito prende forma e sostanza il canto dell’anima, quell’invisibile che nasce con noi e che la vita terrena in qualche modo disperde. In questo infinito giovani corpi volteggiano senza peso intorno a un sentimento di divino Amore che conduce inevitabilmente all’umano che è in noi e in cui forse è possibile trovare un seme di quel Paradiso che ci attende.
La strada da percorrere: quella per cui non servono segnali.
Ciò che non posso dimenticare: il gioco e la preghiera.
L’indispensabile per stare nella vita: la poesia.
Silvia Battaglio
La scena musicale è affidata ai flauti di Matthias Ziegler con musiche di Diego Ortiz, Matthias Ziegler.